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Apr, 2023

Storie di vita, progetto “Go-Together” di educativa domiciliare

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Questa è una storia di integrazione, conoscenza, rassicurazione e accompagnamento.
Nasce da un progetto di educativa domiciliare e si sviluppa grazie ad un legame instauratosi tra la famiglia e Carla, educatrice a L’Arcobaleno e a domicilio.

La famiglia, genitori extracomunitari con tre figli nati in Italia, è unita e possiede risorse educative proprie che attiva per rispondere al bisogno dei figli; è una famiglia presente sul piano emotivo ed esperienziale. Dimostra un forte legame con la terra d’origine, la cultura e la religione musulmana ma fatica ad aprirsi e ad interagire con il tessuto sociale.
Il supporto alla genitorialità è un’opportunità per creare nuove autonomie, a partire dalla conoscenza della rete sociale e dei servizi presenti nel territorio.
L’attività di Carla si concentra inoltre sul bisogno della ragazza più grande, pre-adolescente, di lavorare sulla propria identità e di aprirsi a nuove esperienze,
personali e condivise con la famiglia, che assecondino le sue attitudini e soddisfino il piacere di essere fatte, singolarmente e in condivisione.

La capacità di un educatore di entrare in empatia e di sintonizzarsi con la famiglia da sostenere è fondamentale affinché si creino le condizioni per un buon lavoro.
A domicilio, piuttosto che in un contesto “neutro”, questo richiede talento.
Si tratta di sapersi trovare un proprio piccolo spazio fertile e iniziare a condividere esperienze, camminando con l’altro.
È soltanto così che poi, qualsiasi attività acquisisce senso.

Inizialmente per questa famiglia l’affiancamento riguarda un piano pratico-organizzativo: dalla guida della madre all’utilizzo del registro elettronico dei figli,
all’iscrizione e al pagamento delle attività extrascolastiche, agli appuntamenti per le visite sanitarie. Così come l’accompagnamento della figlia che si focalizza
all’orientamento nella scelta dell’attività pomeridiana adatta alle proprie attitudini e caratteristiche personali.
Una famiglia emotivamente ricettiva insieme alla relazione di fiducia instauratasi con l’educatore, alimentano presto nuove spinte positive: il desiderio della madre
ad una maggiore integrazione, che si traduce sia nella decisione autonoma di frequentare un corso di lingua per imparare l’italiano che nell’iscrizione del secondo figlio
ad un’attività sportiva; il desiderio dei ragazzi, sempre supportati dai genitori, di conoscere qualcosa di nuovo come visitare uno zoo, andare al cinema,
fare una gita in bicicletta (per il momento ancora idee) che si concretizzano con l’iscrizione in piscina, la realizzazione di un dipinto per abbellire la propria camera dando un tocco personale.

Come tutte le cose che contano, il percorso non è in discesa: la carenza di iniziativa e la difficoltà della madre nella comprensione della lingua italiana creano nella donna insicurezza che porta a una certa dipendenza verso la figura dell’educatrice. Soprattutto la mancanza di una rete familiare e sociale solida a cui fare riferimento in caso di necessità costringono spesso la donna a dedicarsi prevalentemente alle fatiche e ai normali imprevisti quotidiani, come i problemi di salute dei figli, piuttosto che al resto.
Sappiamo che con la crescita dei giovani cambiano anche i loro bisogni e le fragilità del momento. Sarebbe necessario, per questa ragazza, lavorare sul supporto scolastico,
riflettere sulle dinamiche relazionali, partire dai vissuti per affrontare eventuali difficoltà che naturalmente emergono con il gruppo di genere.
Come tutti i ragazzi della sua età, avrebbe bisogno di punti di riferimento positivi diversi dalla famiglia, ai quali affidarsi per raccontare di sé, maturare le proprie risorse e confrontarsi, preferibilmente in contesti di gruppo.

Le attività educative attivate per questa famiglia sono state nel complesso efficaci ma sarebbe utile avere più tempo per rafforzarne l’autonomia crescendo nelle relazioni esistenti e creandone di nuove.

La riflessione che facciamo si estende alla nostra società, alla sensibilità del singolo, parte di una comunità, di attivarsi con questa famiglia, accanto al supporto professionale. Perché è proprio quando questo avviene, è quando si intessono relazioni d’aiuto che si va oltre l’obiettivo di un progetto, ci si avvicina, si stringe amicizia, si beneficia della bellezza di un legame che può compensare o riempire i vuoti nella nostra vita.

 

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