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Jul, 2020

Essere per educare – di Luca Anese, coordinatore

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Stiamo vivendo un’esperienza che ognuno di noi non aveva vissuto prima. Come la storia ci insegna, però, le pandemie ci sono già state, l’umanità le ha superate ed anche questa volta sarà così.

In un mondo senza confini è possibile che questa emergenza si ripresenti nuovamente in un tempo breve o meno breve.
Diventa importate allora imparare ad affrontarla vivendo nuove forme di relazione, che soddisfino tutti i bisogni della persona nella sua interezza, fisica, psichica e sociale.

Come ogni realtà a noi simile, anche L’Arcobaleno ha gestito il periodo di emergenza mantenendo aperta l’accoglienza nella sola casa famiglia, con cinque giovani ospiti residenziali.
Siamo molto riconoscenti a Suor Cecilia e a Suor Tullia, presenza costante di coraggio e perseveranza. Ringraziamo le assistenti e gli educatori che hanno continuato a prendersi cura dei bambini e dei ragazzi con professionalità e dedizione. Inoltre gli educatori hanno garantito anche verso quelli rimasti a casa propria il mantenimento di una relazione, sebbene a distanza, con un contatto telefonico discreto e costante.

Con l’apertura di giugno, l’Arcobaleno sta accogliendo nuovamente i minori nel Centro Diurno, facendosi forte dei molti anni della propria esperienza.

È un tempo nuovo, un tempo che ha generato nuove difficoltà e paure, ma che ha richiesto anche fiducia, creatività e talento.

Questo slancio è il motore dell’Arcobaleno, è la capacità di comprendere e di accettare con serenità e ironia le regole fondamentali del distanziamento di sicurezza, dell’igiene, è ciò che più ci aiuta a cercare risposte ai quesiti prioritari che inevitabilmente ci poniamo in merito alle possibili modalità di gestione del servizio nei prossimi mesi.

Questa è una fase nuova della vita della nostra Associazione. Questo è il nostro presente che, nonostante le sue criticità, è anche pieno di sfide educative, come la necessità di comprendere il linguaggio degli occhi dei bambini, sopra la mascherina, per capire quali segni e quali disegni hanno dentro l’anima.

Oppure quali significati abbia la postura del corpo, quando le spalle si flettono sotto il peso di pensieri più grandi della testa che non li riesce più a contenere, o ancora la collocazione che prende un bambino dentro ad un gruppo nella ricerca della relazione con l’altro.

Un’altra sfida certa è quella delle applicazioni del mondo digitale. La tecnologia usata consapevolmente è un mezzo che può realizzare soluzioni immaginate e rendere possibile, con tutti i propri limiti, un futuro di convivenza tra scuola e lavoro educativo in presenza e a distanza.

La fiducia, la creatività, il talento per realizzare un futuro possibile passano attraverso un pensiero evolutivo, un livello di immaginazione nuovo ed un confronto aperto. La nostra domanda, parafrasando don Milani, non è tanto cosa bisogna fare per educare, ma come bisogna essere per poter educare.

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