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Dec, 2022

Connessioni: sintonizzati tra di noi, in rete con i media – a cura di Marco Napoletano

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Perché questo titolo? Il focus scelto dall’Associazione L’Arcobaleno, che mi ha chiamato a condurre il percorso, erano le nuove tecnologie, ma insieme abbiamo scelto di non parlare di social e telefonini, rischi della rete,
abuso di internet, statistiche sulle dipendenze, ecc. bensì di concentraci su di noi: noi come adulti, genitori, insegnanti, educatori, persone con la responsabilità di rivestire un ruolo significativo nei confronti dei bambini e dei ragazzi che stanno crescendo.
Per questo cambio di sguardo (da loro a noi), il presupposto è che di fronte a un qualsiasi “problema giovanile” dobbiamo prima di tutto chiarirci le idee come adulti e scegliere dove stare.
Un presupposto per il quale possiamo addirittura affermare che i problemi giovanili non esistono: esistono solo sollecitazioni che i ragazzi ci presentano, e che ci pongono di fronte a una domanda: cosa possiamo fare per rispondere adeguatamente?
Spesso, rispetto ai rischi delle nuove tecnologie, la nostra tendenza è di cercare il colpevole (social, aziende, influencer, società, governo ladro…), oppure di fare tante belle prediche ai ragazzi e fermarci a questo,
dimenticando che di fronte ai loro problemi la risposta dovremmo essere proprio noi, che siamo lì apposta per fare il nostro lavoro di educatori e sostenerli in una crescita sana e sicura.
Ecco perché come titoli per le tre singole serate ho proposto “Tocca a noi!”, “Sono qui per te!”, “Siamo qui per voi!”.

Tre serate in cui abbiamo imparato che la relazione educativa è molto più che un’occasione per informare sui rischi e fare qualche predica; abbiamo capito che sono le relazioni che veicolano il messaggio preventivo, non le informazioni:
la vera risposta è continuità della nostra presenza.
Una presenza che sappia sostenere bambini e ragazzi nel percorso di crescita ad aiutarli nella conoscenza di sé, nel costruire autostima, nel relazionarsi in pienezza con il gruppo dei pari.
Nel corso di queste tre serate ho raccontato alcune storie di relazioni educative in cui gli adulti hanno effettuato proprio questo cambio di visione: anziché chiedere ai ragazzi di cambiare, sono stati loro per primi a fare qualcosa di diverso e significativo. Solo se prima chiariamo a noi stessi cosa vogliamo, perché lo vogliamo, che idea abbiamo di come bambini e ragazzi debbano crescere e di come noi ci dobbiamo relazione con loro possiamo essere davvero efficaci.
E allora alcune cose che facciamo vanno lasciate cadere:
fare la predica non funziona:
stanca i ragazzini e frustra gli educatori;
sperare che i comportamenti a rischio si contrastino con la mera informazione sui pericoli è pura illusione:
la prevenzione non si esaurisce con un atto di spiegazione razionale (e poi si rischia di entrare in competizione coi nativi digitali, che ne sanno certamente più di noi e sono maestri nell’arte di controbattere);
cercare “i colpevoli” (la rete, le multinazionali, la società, il governo ladro, gli altri genitori…) è segno soltanto della nostra impotenza, e certamente non risolve i problemi.
Sono ben altre le cose che possiamo fare.
Innanzitutto garantire la presenza, perché i social e la rete non sono strumenti, bensì “ambienti”, e così come non lasceremmo i nostri figli da soli in un quartiere sconosciuto, altrettanto non possiamo essere assenti quando si addentrano in questi mondi;
essere capaci di dare regole chiare, concrete e corredate di conseguenze in caso di trasgressione, ricordandoci che il mantenimento del limite è parte integrante del ruolo adulto e dobbiamo quindi chiederlo a noi stessi,
e non a loro (che, per inciso, per crescere devono anche mettere alla prova le regole attraverso la trasgressione);
al contempo garantire occasioni di reale ascolto e proporre ai ragazzi comportamenti alternativi a quelli indesiderati (ed eventualmente dare qualche “spinta gentile”) perché si appassionino a qualcosa di più sano e gratificante;
e infine offrire il buon esempio (e qui ciascuno può interrogarsi…).

Non a caso i tre laboratori che abbiamo fatto seguire alle tre serate trattavano proprio le regole, la capacità di sostare nella relazione e la gestione dei device in famiglia. E non a caso il filo rosso di questa lista è la relazione educativa.

Concludendo: le nuove tecnologie sono solo una delle tante sfide educative di oggi, ma come tutte le sfide precedenti e quelle che verranno, ci pongono innanzitutto di fronte alla necessità di chiarire a noi stessi che idea abbiamo
di adulto, che idea abbiamo del nostro ruolo nei confronti dei ragazzi e che idea abbiamo di relazione educativa.
Loro fanno il loro lavoro: trasgrediscono, sperimentano, si mettono in pericolo, si fanno affascinare e ingannare dalle tecnologie, e tutto questo è normale per la crescita, e forse necessario.
Ma noi dobbiamo fare il nostro, di mestiere: garantire presenza, ascolto, accompagnamento, stimoli, regole, contenimento, confronto. Loro, verbalmente o con il comportamento, pongono domande.
Noi dobbiamo sapere offrire risposte, anzi essere la risposta.

Dott. Marco Napoletano: Educatore, Formatore e Counsellor Professionista.
Progetta e coordina servizi e percorsi per bambini, adolescenti, giovani e famiglie collaborando con Servizi ed Istituzioni Pubbliche.
Dirige una Scuola di Counselling e si occupa di formazione degli adulti presso scuole, comunità educative, strutture assistenziali.
È Responsabile dei Servizi Scolastici ed Educativi per preadolescenti e adolescenti presso I AM Servizi di Vittorio Veneto, dove coordina uno staff di educatori.
Ha lavorato come educatore di strada e in comunità terapeutiche e riabilitative con persone affette da disturbi mentali e tossicodipendenza.
Incontra quotidianamente bambini e ragazzi di tutte le età.

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